07 luglio 2009
Il processo contro Madoff un giudizio puritano.
Così Sergio Romano, commenta acutamente ed appropriatamente la sentenza Madoff nella rubrica "Lettera al Corriere" del 3 luglio sc.
Massima sentenza di 150 anni al finanziere Bernard Madoff per il suo famoso e diabolico «Ponzi scheme» che ha devastato migliaia di investitori nel mondo.
Ora aiutateci a ricordare che cosa è successo a Callisto Tanzi e compagnia bella nello scandalo Parmalat, un altro chiaro paragone tra il nostro sistema giudiziario e quello americano. Come facciamo a lasciare che queste cose continuino a succedere, contribuendo ulteriormente alla mancanza di rispetto che il resto del mondo ha per l'Italia?
Aurora Pezza
Cara Signora,
Il confronto con la giustizia italiana è stato, negli scorsi giorni, la reazione spontanea di molti corrispondenti e commentatori. Era inevitabile e giusto. Ben venga tutto ciò che può servire a dare la sveglia al governo, alla classe politica e all’ordine giudiziario. Ma non mi chieda, per favore, di entusiasmarmi per un processo in cui il giudice permette ad alcuni rappresentanti della parte offesa di pronunciare arringhe emotive contro l’imputato e commenta la propria sentenza con una sorta di sermone puritano. E non mi chieda di pensare che 150 anni siano una pena razionale. Sono, nella migliore delle ipotesi, una pena retorica, demagogica, declamatoria; e, nella peggiore delle ipotesi, vendicativa.
Non basta. Siamo sicuri che i sei mesi passati dal giorno dell’arresto di David Madoff siano bastati a ricostruire la rete di amicizie e complicità che si nasconde probabilmente dietro la frode del finanziere di New York? La sola persona imputata, oltre a Madoff, è il suo contabile. È davvero possibile che questa raffinata macchina funzionasse grazie alla sovrumana abilità di due sole persone? I tribunali che emanano sentenze rapide ed esemplari assomigliano alle corti marziali più di quanto non assomiglino alle Aggiungo, cara signora, che non mi è piaciuta questa ennesima infatuazione di molti italiani per i modelli istituzionali americani. Gli Stati Uniti hanno tradizioni giudiziarie molto diverse dalle nostre. Sono un Paese di «common law» dove i giudici possono creare il diritto ed hanno una irresistibile tendenza ad esprimere gli umori popolari piuttosto che lo spirito delle leggi. Hanno una storia di migranti religiosi e audaci pionieri in cui il diritto è stato spesso impartito bruscamente e sommariamente. Alcune pagine della storia giudiziaria americana, dal pregiudizio razziale dei tribunali del Sud alla furiosa campagna anticomunista del primo dopoguerra in cui incapparono Sacco e Vanzetti, non sono né ammirevoli né invidiabili. Gli Stati Uniti sono una grande democrazia che riesce a correggere le proprie sbandate. La Corte costituzionale produce giudizi importanti dopo discussioni di grande interesse giuridico. I ricorsi contro la pena capitale sono numerosi e talora efficaci. Ma lo spettacolo dei detenuti che languiscono per anni nella cella della morte prima di conoscere la loro sorte non è degno di un Paese civile. E non credo che i reati economici, per quanto gravi, possano essere equiparati, di fatto, ai reati di sangue. Insomma la nostra giustizia, cara signora, ha molti mali. Ma dovranno essere curati con la nostra cultura giuridica, non con quella degli Stati Uniti.
Nell'immagine: "La giustizia" (1509-11). Raffaello Sanzio. Stanza della Segnatura, Palazzo dei Pontefici, Città del Vaticano. "Jus suum unicuique tribuit".