16 giugno 2009

Mitbestimmung, perché no?


Il Corriere della sera del 7 giugno sc. ha pubblicato questo interessante articolo di Massimo Mucchetti. E' un argomento sul quale il nostro Circolo è molto sensibile. Non se ne parla molto ed il tutto sta passando inosservato. Però, il Segretario generale della CISL, Raffaele Bonanni, ha dedicato ad esso un'attenzione particolare nella sua relazione il 20 maggio scorso al XVI Congresso della confederazione.

Nella General Motors post-fallimento il sindacato United Auto Workers (Uaw) avrà il 17,5 per cento del capitale in seguito alla rinuncia a 20 miliardi di dollari di crediti per l’assistenza dei 91 mila dipendenti americani. Non è ancora chiaro se avrà seggi nel board della nuova Gm. In Chrysler, dove è stato fatto analogo consolidamento, ne ha uno su nove, avendo il 55 per cento del capitale. A Detroit l’azionariato operaio altro non è che un concordato tra l’impresa debitrice e il suo creditore più importante: una soluzione d’emergenza con cui i lavoratori puntano a recuperare qualche soldo. Con una presenza così limitata al vertice, lo Uaw potrà controllare le decisioni, non condividerle.

In Europa, invece, la condivisione del potere può essere profonda. La società per azioni europea consente di scegliere tra il modello capitalistico, nel quale comanda il consi­glio di amministrazione nominato dagli azionisti, e il regime di codecisione (Mitbestimmung) articolato sul consiglio di sorveglianza, formato dai rappresentanti dei soci e dei dipendenti, e sul consiglio di gestione, formato da manager scelti dai sorveglianti.

La Mitbestimmung ha forti radici lungo il Reno. Anche qui l’impresa mira al profitto, ma senza l’esasperazione anglosassone. Nell’economia capitalistica il lavoro è merce: umanità reificata da riscattare, secondo Marx; costo da abbattere, per i teorici dello shareholder value. I governi tedeschi, invece, hanno riconosciuto al lavoro una dignità meritevole di potere senza bisogno di supporti azionari. Nelle aziende da 300 a 2000 dipendenti, i rappresentanti del lavoro sono 3 su 9 membri del consiglio di sorveglianza, nelle aziende più grandi sono 6 su 12 e 10 su 20 e comprendono anche sindacalisti esterni. In caso di stallo, decide il presidente, nominato dai soci. Ma non ci si arriva quasi mai.

L’economia globale e finanziarizzata ha fatto emergere al cuni limiti: mancano la rappresentanza dei dipendenti esteri e l’uso delle azioni per remunerare e coinvolgere. Il primo limite è già superabile. Allianz, per esempio, si è trasformata in spa europea e, rifiutando l’opzione anglosassone, ha affiancato ai 6 consiglieri del capitale 3 rappresentanti del lavoro tedesco, 2 dell’inglese e uno del francese. L’incentivazione fiscale dell’azionariato dei dipendenti, invece, è ancora all’attenzione del Bundestag.

E in Italia? Il ministro Sacconi propende per il mero azionariato operaio, partecipazione senza potere. Cisl e Uil vorrebbero tutto. La Cgil critica le sperimentazioni americane ma glissa sull’esempio tedesco.
A Milano, il governatore Formigoni plaude alla Cisl lombarda pro Mitbestimmung. Il presidente della Provincia, Penati, apre. Ma alle Ferrovie Nord e all’autostrada Milano-Serravalle, grandi imprese pubbliche locali, non accade nulla.
È l’Italia tutta chiacchiere e distintivi.